E' severamente vietato non iscrivere la Lazio

di Salvatore Napolitano

Si può essere iscritti al campionato di serie A nonostante i conti in «coma irreversibile», secondo la perfetta definizione del neo-presidente, Claudio Lotito? Naturalmente, sì: basta applicare le regole della Federcalcio, le stesse che i suoi massimi dirigenti, da Carraro a Galliani, hanno definito «rigide». Di davvero rigido, invece, c'è solo il loro pervicace attaccamento alle poltrone. La storia dell'iscrizione della Lazio racconta il modo in cui la Figc vara le sue norme. Ripercorriamone le tappe principali: nel marzo 2003, fu introdotto un nuovo parametro per dare un segnale al Parlamento, che aveva da poco approvato l'ineffabile legge, cosiddetta «spalma perdite»: il rapporto tra il patrimonio netto e l'attivo patrimoniale doveva essere non inferiore a 0,50, pena l'esclusione dal campionato. Finalmente, una decisione ineccepibile: peccato avesse il piccolo difetto di essere inapplicabile. La Juventus, che aveva il valore migliore, si fermava a 0,21. Il 17 marzo scorso, il Consiglio federale ha deciso di ammorbidire il parametro, portando il limite a 0,10: sostanzialmente, un clima da «iscriviamole tutte». Occorre infatti segnalare che nei manuali di economia aziendale è spiegato come un rapporto inferiore a 0,33 segnali una situazione di squilibrio. E il famoso parametro degli anni precedenti, quello ricavi/indebitamento non inferiore a tre? Declassato: il suo mancato rispetto non osta più all'iscrizione, ma obbliga semplicemente, nel corso del calcio mercato, a vendere prima di acquistare.
Nonostante l'allargamento delle maglie, per la Lazio erano limiti comunque irraggiungibili: basti pensare che al 31 marzo il patrimonio netto era negativo per 38 milioni e 900mila euro. Inutile calcolare il rapporto. Inoltre, l'ammontare dei debiti superava la somma di crediti e liquidità di circa 285 milioni. E le perdite accumulate nei primi nove mesi dell'esercizio erano state pari a 84 milioni e 900mila, dunque con un «rosso» mensile di circa 9 milioni e 400mila. Il 30 aprile, la Federcalcio ha deciso di integrare le sue norme con un comunicato, numerato 167 A: in caso di mancato rispetto del parametro, l'incremento dei mezzi propri poteva essere effettuato non solo nel modo classico dell'aumento di capitale, ma anche tramite «l'utilizzo del saldo attivo finanziario al 9 luglio 2004 derivante dalle operazioni di trasferimento dei calciatori italiani e non» purché nell'ambito dell'Unione europea. Avviso per gli studenti ripetenti di Ragioneria: se il vostro professore vi avesse consigliato di abbandonare gli studi, avete un impiego sicuro: in federazione, a varar norme.
Così, la Lazio ce l'ha fatta: dall'aumento di capitale ha reperito finora 43 milioni e 900mila euro. Aggiungendo i ricavi realizzati con le cessioni di Stam (10 milioni e mezzo) e di Corradi e Fiore (16 milioni e 600mila) si ottiene un totale di 71 milioni, che porta i mezzi propri (solo secondo il dettato federale, è bene sottolinearlo) a 32 milioni e 100mila: fatto il rapporto con l'attivo patrimoniale al 31 marzo, pari a circa 289 milioni, ne risulta uno 0,11 appena sufficiente a passare l'esame. Ma la realtà del bilancio è un'altra: è facile dedurre che il patrimonio netto della Lazio sia, al momento, nuovamente negativo. Infatti, con perdite medie mensili di 9 milioni e 400mila, nei tre mesi dal 31 marzo al 30 giugno si può presumere un totale di 28 milioni e 200mila: sommandolo al patrimonio netto del 31 marzo, negativo per 38 milioni e 900mila (67 milioni e 100 mila), si vede immediatamente che l'aumento di capitale non è stato sufficiente. Ma, si dirà, non sono state considerate le plusvalenze derivanti dalle cessioni di Stam, Corradi e Fiore: secondo quanto ha dichiarato la Lazio, esse ammontano a 20 milioni e 800mila. Non basta lo stesso: e c'è molto da discutere sul fatto che siano davvero plusvalenze. Il perché risale alla famigerata legge cosiddetta «spalma perdite»: la Lazio vi ha fatto ricorso e ha potuto ripartire in dieci anni le perdite derivanti dalla svalutazione del patrimonio calciatori. La situazione è paradossale: applico la legge perché ipotizzo una perdita «permanente» di valore e, dopo un anno, realizzo una plusvalenza. Con ciò dimostrando che non c'era nulla di permanente. Inoltre, nel bilancio restano iscritti i valori derivanti dalla spalmatura di perdite relative a giocatori che sono stati trasferiti.
In base ai princìpi fondamentali sui bilanci, sanciti dalla legge, di evidenza e verità, chiarezza e precisione, quei valori dovrebbero essere sottratti dai ricavi ottenuti dalla cessione: ne deriverebbero delle minusvalenze, e non le plusvalenze annunciate. Una cosa è perciò chiara: il prossimo aumento di capitale della Lazio non è ancora partito solo perché quello attuale sarà completato il 5 agosto.

(Fonti: www.ilmanifesto.it)

 

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